Lezioni* di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada su
La Bhagavad-gita cosi' com'e'
LEZIONE* di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada Tenuta a New York (Stati Uniti), il 27 Agosto 1966
Traduzione e trascrizione in Italiano a cura di Sangita devi dasi
DALLA BHAGAVAD-GITA COSI' COM'E' CAPITOLO 5 (Karma-yoga — L’azione in coscienza di Krishna)
VERSO 7
yoga-yukto visuddhatma vijitatma jitendriyah sarva-bhutatma-bhutatma kurvann api na lipyate
yoga-yuktah: impegnata nel servizio devozionale; visuddha-atma: un'anima purificata; vijita-atma: padrona di sé; jita-indriyah: avendo vinto i sensi; sarva-bhuta: a tutti gli esseri viventi; atma-bhuta-atma: compassionevole; kurvan api: benché impegnata in attività; na: mai; lipyate: s'imprigiona.
"L'uomo che agisce in devozione, l'anima pura, maestro dei sensi e della mente, è caro a tutti e tutti sono cari a lui. Sebbene sia sempre attivo, non è mai condizionato."
Nel verso precedente è spiegato il distacco (Bg. 5.6):
sannyasas tu maha-baho duhkham aptum ayogatah yoga-yukto munir brahma na cirenadhigacchati
sannyasah: l'ordine di rinuncia della vita; tu: ma; maha-baho: o (Arjuna) dalle braccia potenti; duhkham: infelicità; aptum: essere afflitto da; ayogatah: senza servizio devozionale; yoga yuktah: impegnato nel servizio devozionale; munih: un pensatore; brahma: il Supremo; na cirena: senza indugio; adhigacchati: raggiunge.
"Chi rinuncia all'attività, ma non s'impegna nel servizio devozionale al Signore non può essere felice. Il saggio, invece, impegnato nel servizio di devozione al Signore raggiunge subito il Supremo."
Questo verso spiega il sannyasa: La rinuncia a questo mondo—non in veste fittizia, ma la vera rinuncia—è descritta come yoga-yuktah [l'impegno nel servizio devozionale]. Yoga-yuktah significa che si deve rimanere in coscienza di Krishna. Allora si può rinunciare, altrimenti non è possibile. Se devo lasciare questa stanza, ho bisogno di un'altra stanza in cui stare; altrimenti non posso andarmene. Questa è la natura dell'essere vivente, ha bisogno di una connessione. La semplice considerazione di negazione, "voglio distaccarmi", non lo renderà felice. Deve avere anche un certo attaccamento. Perciò mi distacco da questo luogo attaccandomi a un altro luogo. Poiché sono un essere vivente eterno, e il mio sintomo è l'eternità, non è che tutto finisce perché mi distacco. No, continuo ad esistere. Quindi, senza un po' di attaccamento, non è possibile di fatto staccarsi da questo mondo materiale. Sannyasas tu maha-baho.
Se mi distacco in modo artificiale e rinuncio a questo mondo senza avere un impegno superiore, allora—come Krishna dice, 'duhkham aptum ayogatah'—questo diventa causa di infelicità. Allora è causa di sofferenza ed è molto difficile. Supponiamo che un padre di famiglia rinunci al legame familiare, ma se non ha una connessione o un attaccamento superiore, allora penserà: "Oh, stavo meglio nella vita di famiglia, ho commesso un errore". Così Krishna dice, 'sannyasas tu maha-baho duhkham aptum ayogatah'. Ayogatah significa non avere alcun legame con la coscienza di Krishna; allora il semplice distacco sarà causa di infelicità, 'duhkham aptum', sarà causa di sofferenza. 'Yoga-yukto munir brahma', ma colui che è in connessione con il Supremo, allora raggiunge il Supremo—yoga-yukto munir brahma na cirenahhhcacchati. 'Yoga-yukto munir brahma', se sono in connessione con la coscienza di Krishna, allora molto presto, 'acirena', mi realizzerò come Brahman. Io sono Brahman—è solo una questione di realizzazione.
Per errore, o illusione, penso di essere materia, ma in realtà sono Brahman. L'intero processo consiste nel realizzare che "io sono Brahman, non sono la materia". Questa concezione del Brahman, o realizzazione spirituale, è possibile se sono sempre in connessione con la coscienza di Krishna, yoga-yuktah. Se sono sempre in sintonia con Krishna, facendo sempre qualcosa in relazione a Krishna... 'nirbandhah krishna-sambandhe yuktam vairagyam ucyate': "Quando non si è attaccati a nulla, ma allo stesso tempo si accetta ogni cosa in relazione a Krishna, si è giustamente situati al di sopra della possessività." (Bhakti-rasamrita-sindhu 1.2.255) In questo verso Rupa Gosvami spiega in due modi l'attaccamento e il distacco: 'anasaktasya visayan yatharham upayunjatah'. Visayan, le cose di cui godiamo dovrebbero essere accettate senza alcun attaccamento, anasaktasya: Ne ho bisogno per il mantenimento del mio corpo, quindi l'accetto. Questo è detto anasaktasya. In altre parole, è fare buon uso di un cattivo affare. Ora sono materialmente condizionato e devo fare il miglior uso di questo corpo unendomi a Krishna. Nirbandhah krishna-sambandhe. Nel verso successivo (Bhakti-rasamrita-sindhu 1.2.256) Rupa Gosvami spiega,
"Qualsiasi cosa sia favorevole per rendere servizio al Signore dovrebbe essere accettata e non dovrebbe essere rifiutata come una cosa materiale. D'altra parte, chi rifiuta ogni cosa senza conoscere la sua relazione con Krishna non è così completo nella sua rinuncia."
Prapancikataya buddhya. Se il corpo è completamente impegnato nel servizio di Krishna, non dovrebbe essere trascurato come materiale. Chi lo trascura, è falso nella sua rinuncia. Proprio come alcuni filosofi affermano che questo mondo materiale è falso e il Brahman è reale. Certamente, ma secondo la filosofia dei vaisnava, come noi, il mondo materiale non è falso ma temporaneo. È tutto. Se si considera qualcosa di temporaneo come falso, non è la giusta terminologia. Una cosa può essere temporanea, ma non è falsa. Ad esempio, io sono venuto dall'India, sono in questa stanza da due mesi e potrei restarvi ancora per qualche tempo, quindi sono un visitatore, la mia visita è temporanea, ma non è falsa. Vi sembra falso che io sia qui seduto, parlando con voi, mangiando o facendo altre cose? Vi sembra falso? No. Non è falso, ma temporaneo; quindi, hari-sambandhi-vastunah, tutto ha una connessione con Krishna. Pertanto è richiesta questa realizzazione—qualsiasi cosa che vediamo in questo mondo, è solo un riflesso distorto della realtà. È tutto.
Un riflesso distorto che ho spiegato molte volte. Proprio come un albero sulla riva di un lago che si riflette in modo distorto sull'acqua; significa che il riflesso appare con i rami rivolti verso il basso e le radici verso l'alto, come descritto nel quindicesimo capitolo. Perciò questo mondo è un riflesso distorto della realtà; e in quanto tale appare così perfetto che lo prendiamo per reale. È chiamata illusione. Ma se si comprende che, "È temporaneo, non dovrei attaccarmi. Il mio attaccamento dovrebbe essere per la realtà, non per l'irrealtà..." Perciò la realtà è Krishna. Anche quella che vediamo qui è una realtà, ma è temporanea. Dobbiamo così passare dalla temporaneità alla realtà. Perciò Rupa Gosvami dice 'prapancikataya buddhya hari-sambandhi-vastunah'. Poiché il mondo materiale è una manifestazione dell'energia del Signore Supremo, è intimamente connesso con il Signore; proprio come la luce del sole è direttamente collegata al sole. E sebbene il sole sia molto lontano, la luce del sole mi sta collegando dalla terra al sole, a novanta milioni di miglia di distanza, eppure sono connesso al sole.
Similmente questo mondo materiale è la manifestazione dell'energia del Signore Supremo e in quanto tale ha una relazione intima con il Supremo. Dobbiamo capirlo—non accettarlo come falso e quindi rifiutarlo. No. Non possiamo rifiutarlo, perché c'è una connessione con Krishna e quindi bisogna utilizzarlo correttamente. Poiché il mondo materiale ha una connessione con Krishna ed è l'energia di Krishna, il punto è che dovrebbe essere utilizzato per Krishna. Questo è tutto. Se il mondo materiale è utilizzato per Krishna, allora non c'è alcun problema, non c'è alcun disturbo della pace. C'è sempre pace, tranquillità e felicità in questo mondo e allo stesso tempo felicità nel mondo successivo. Se mentre mangio, penso: "Oh, questo cibo delizioso mi è stato mandato da Krishna", allora penso a Krishna. Perciò assumere cibo in coscienza di Krishna è chiamato yoga-yukta. Questo è lo yoga. Sempre pensando nella coscienza di Krishna, ciò è definito yoga-yukta. 'Yoga-yukto muni'. Muni significa una persona che è riflessiva.
Pertanto, la persona che medita sempre su Krishna, yoga-yukto munir brahma na cirenadhigacchati, molto presto si stabilisce nella concezione di vita del Brahman. E non appena è situato nella concezione del Brahman, l'effetto sarà immediatamente 'brahma-bhutah prasannatma' (Bg. 18.54), sarà gioioso, e la tristezza materiale se ne andrà subito. 'Brahma-bhutah prasannatma na socati', sarà subito libero da ogni ansia e non ci sarà alcuna richiesta per la soddisfazione dei sensi. Si sentirà completo, "Oh, non ho bisogno di nulla". Questo stadio arriverà. Così, 'yoga-yukto munir brahma acirena'. Se ci immergiamo sempre nella coscienza di Krishna e quindi portiamo avanti i nostri compiti ... Non pensiamo che questo sia falso. Consideriamo che, poiché ha un legame con Krishna, dovrebbe essere utilizzato per Krishna. È tutto.
Questo è 'yoga-yukto muni', simultaneamente e facilmente egli realizza il Brahman. Molti altri cercano di realizzare il Brahman per tanti anni con la meditazione, le penitenze, andando nella foresta, sull'Himalaya e con tante altre cose; ma se si è abbastanza intelligenti da pensare sempre che tutto ha un legame con Krishna e deve essere utilizzato per Krishna, allora questo è yoga-yukta. E brahma-bhutah, la realizzazione del Brahman è nella mia mano. È una cosa così bella, 'yoga-yukto visuddhatma'. (Bg. 5.7) Colui che è connesso in questo modo, è visuddhatma [un'anima purificata, impegnata nel servizio devozionale]. Atma significa sé e visuddha significa puro. Nel puro sé. Quando penso che "sono il goditore", allora il mio sé (atma) è coperto di sporcizia—"Sono colui che gode". Ma quando sono yoga-yukta e penso che "tutto appartiene a Krishna", allora sono visuddhatma. E questo è un dato di fatto; non sono il proprietario, non sono il goditore. Mi è permesso di godere solo di ciò che mi è concesso. Prendiamo ad esempio gli alimenti.
Si può assumere la quantità di cibo necessaria per il mantenimento del corpo. Se ne prendiamo di più o di meno, avremo dei problemi. Bisogna prendere esattamente ciò che ci è stato prescritto. Come l'elefante che prende cento chili al giorno; e la formica ne prende solo un granello. Ora, se la formica pensa "anch'io prenderò cento chili", o se l’elefante pensa "prenderò un granello come la formica", oh, è impossibile (ride). La regola è che nella creazione di Dio vi è cibo sufficiente per tutti; ognuno deve prendere la quantità necessaria. Questo è l'ordine naturale; sia la formica sia l'elefante non prenderanno di più né di meno. Se si dà all'elefante duecento libbre di cibo, ne prenderà solo cento come richiesto; non terrà il cibo per il giorno dopo. Vedete quei piccioni? Se si dà loro del cibo, prendono solo ciò che gli serve, non fanno scorta per il giorno dopo. Ma l'uomo pensa, "Oh, c'è così tanto cibo, mangerò fino a saziarmi e poi lo terrò per domani".
Non dovremmo pensare al giorno dopo, ma sempre dipendere e prendere quanto richiesto. Questo è yoga-yukta. 'Yuktahara-viharasya yogo bhavati siddhih' (Bg. 6.17): "Chi è moderato nel mangiare e nel dormire, nel lavoro e nel riposo può, con la pratica dello yoga, alleviare le sofferenze dell'esistenza materiale". Allora si è nella posizione di avere ciò di cui si ha bisogno. Il mondo intero è stabilito in modo che se ognuno prende ciò di cui ha bisogno e non fa scorte, allora non c'è povertà né scarsità. Ma nessuno lo fa; hanno un magazzino e pensano: "Questa è la mia proprietà". Ma se tutti pensassero che "Ogni cosa e alimento è inviato da Dio, Krishna, per ognuno di noi, quindi prenderò solo ciò di cui ho bisogno", allora ci sarebbe la pace nel mondo. Ovviamente non è possibile, perché è un mondo in cui siamo sempre ansiosi di fare scorta e di prenderne sempre di più. Nessuno è mai soddisfatto.
Così, yoga-yukto visuddhatma (Bg. 5.7). Se una persona è visuddhatma, situata nella pura coscienza, allora vijitatma jitendriyah, è controllata e ha conquistato i sensi. Jitendriyah significa avidità, ingordigia, volere sempre di più. E appena diventa cosciente di Krishna, la sua avidità scompare, "Non voglio di più." Se tutti pensassero in questo modo, "non voglio di più", allora non ci sarebbero problemi. Perché, per grazia di Dio c'è cibo e scorte sufficienti. Semplicemente, è l'anomalia della distribuzione da parte della società umana a creare un popolo di affamati. E questa fame è dovuta anche alle loro stesse attività. Ce ne sono così tanti... Ma per la perfezione della situazione mondiale è necessario 'yoga-yukto visuddhatma'. Se una persona è connessa alla coscienza di Krishna, allora è un'anima pura, visuddhatma; ha il controllo sul corpo, vijitatma; ha conquistato i sensi, jitendriyah; si identifica con tutti gli esseri viventi, sarva-bhutatma-bhutatma, perciò è compassionevole. Sarva-bhutatma-bhutatma kurvann api na lipyate (sebbene sia sempre attivo, non è mai coinvolto). Se agisce in questa posizione, in realtà non sta facendo nulla [non crea reazioni alle sue attività].
Perché siamo coinvolti in questo mondo materiale secondo la reazione del proprio lavoro. Così, se sono situato nella coscienza di Krishna e nel mio sé (atma), allora sono nel mio stato puro di atma; controllo il mio corpo e i miei sensi e m'identifico con ogni essere vivente, allora non ho nessun coinvolgimento, nessuna reazione alle mie attività. Allora in questo stadio, come Krishna dice, naiva kincit karomiti yukto manyeta tattva-vit, in realtà non sto facendo nulla [non sono l'autore delle mie azioni]. Questa è la piattaforma su cui agire. Una persona cosciente di Krishna non pensa mai che "sto facendo qualcosa". Se gli si chiede: "Quando andrai?" Risponderà: "Non lo so; quando Krishna mi permetterà di andare, allora andrò". Lo dico in base all'esperienza pratica del mio maestro spirituale: Non diceva mai "vado", "faccio", no. "Se Krishna desidera, allora lo farò." "Se Krishna desidera, allora andrò." In questo modo, si deve dipendere sempre da Krishna. Questo si chiama visuddhatma [situato nella coscienza divina].
"L'uomo che è situato in una coscienza divina, sebbene veda, ascolti, tocchi, senta, mangi, si muova, dorma e respiri, sa dentro di sé di non essere in realtà l'autore delle proprie azioni."
'Naiva kincit karomiti yukto manyeta tattva-vit'. Tattva-vit significa colui che conosce la verità. La verità è che finché Krishna non me lo permette, oh, non posso andare. Potrei incontrare molti ostacoli sul mio cammino. Ho seguito il mio programma, proprio come l'anno scorso, c'è stato un incidente aereo sulla Svizzera, un aereo indiano, dove c'erano molti gentiluomini rispettabili. Forse lo sapete, c'era un chimico indiano, il dottor Bha... Stava per partecipare a una riunione nucleare in un paese europeo, ma in un attimo sono morti tutti nell'incidente aereo. Quindi, a meno che Krishna lo desideri, a meno che Egli non lo consenta, non possiamo fare nulla. Questo è un fatto. Così, tattva-vit... Tattva-vit significa che conosce la verità e pensa: "Non posso fare nulla, dipendo sempre da Krishna". Mahatma Gandhi era solito dire: "Non un filo d'erba si muove senza il consenso di Dio". È un fatto. Non si può fare nulla senza la Sua approvazione. Allora ci si può chiedere: "Perché qualcuno agisce male e qualcuno agisce bene? In entrambi i casi Krishna ha approvato?"
Sì, in entrambi i casi Krishna ha approvato; senza approvazione non si può fare. Perché Krishna ha approvato entrambi? Così Krishna ha approvato in questo modo. Ci ha dato la libertà, ci ha dato l'indipendenza. Non piena indipendenza—non si può essere completamente indipendenti—ma abbiamo una certa indipendenza; e Lui non tocca la nostra indipendenza. Questo è un fatto. Perché, altrimenti, se siamo privi di indipendenza, allora non abbiamo alcun significato come entità vivente. Ogni essere vivente ha la sua piccola parte di indipendenza. Così Krishna ha dato a ciascuno l'indipendenza di fare la propria scelta. Ora, perché se qualcuno agisce, sia nel male o nel bene, Krishna dà la Sua approvazione? Com'è possibile? L'approvazione è così: se uno desidera fare qualcosa e prega di poterlo fare, che sia bene o male—questa è un'altra cosa—ma è molto ansioso ed è incline a farlo, e così Krishna dà la Sua approvazione, gli dà la possibilità. Ma chi ha aderito alla coscienza di Krishna, Krishna gli dà un consiglio migliore, "Allora agisci in questo modo e vieni a Me."
Quindi ci deve sempre essere l'approvazione. Senza approvazione, nulla può essere fatto. E chi è nella coscienza di Krishna lo sa, è tattva-vit. Tattva-vit significa colui che sa la verità, "Non posso fare nulla senza l'approvazione di Krishna." E così non fa nulla. Qualunque cosa sia approvata da Krishna, lo fa; altrimenti no. Perciò, 'upasyan srinvan sprisan jighran asnan gacchan svapan svasan' (Bg. 5.8), in realtà, sa di non essere l'autore delle proprie azioni. Queste sono le nostre attività: agiamo vedendo (pasyan), ascoltando (srinvan), toccando (sprisan), annusando (jighran), mangiando (asnan), sognando (svapan), respirando (svasan). Abbiamo così tante attività; e tutte continuano. Ma una persona tattva-vit, che è nella perfetta conoscenza ed è in coscienza di Krishna, anche se sta facendo molte cose, sa che "io non sto facendo". Questo è tattva-vit. Sebbene stia facendo molte cose, sa di "essere semplicemente uno strumento." Questa è la perfezione.
"Quando parla, evacua, accetta, apre o chiude gli occhi è sempre consapevole che soltanto i sensi materiali sono impegnati con i loro oggetti e che lui non ha alcun legame con queste azioni."
Così, indriyani indriya-arthesu, nonostante la gratificazione dei sensi, perché i sensi ci sono e sono utilizzati; quindi anche la persona tattva-vit, che è in perfetta conoscenza, sta usando i suoi sensi, ma sa che Krishna è il proprietario dei sensi e egli è solo uno strumento. "Mentre Lui sta dirigendo, i miei sensi stanno funzionando"; o, in altre parole, quando i nostri sensi lavorano in direzione della coscienza di Krishna, allora gradualmente si fanno progressi per tornare a Dio, tornare a casa, tornare alla liberazione
VERSO 10
brahmany adhaya karmani sangam tyaktva karoti yah lipyate na sa papena padma-patram ivambhasa
"Colui che compie il suo dovere senza attaccamento, offrendo i frutti al Signore Supremo, non è toccato dal peccato come la foglia del loto non è toccata dall'acqua."
Qui c'è un ottimo esempio, quello del fiore di loto, lo stelo e le foglie del loto. Se lo immergiamo nell'acqua, l'acqua non si attacca alla foglia del loto; in modo naturale non la toccherà, la foglia non sarà mai bagnata. Allo stesso modo, proprio come la foglia del loto non è mai bagnata, anche se è nell'acqua, tuttavia non ha alcuna connessione con l'acqua. Anche se vi poni una goccia d'acqua, cadrebbe immediatamente. Il fiore di loto è fatto così dalla natura. Ecco lo stesso esempio, anche se sono in questo mondo materiale, poiché rimango nella coscienza di Krishna e agisco sotto la direzione di Krishna, allora nulla mi influenzerà. Perché, dovuto al mio attaccamento e contaminazione materiale, ora sono in difficoltà; ricevo corpi, uno dopo l'altro, proprio come se stessi cambiando d'abito. Pertanto io stesso, pura anima spirituale, ora mi trovo nella contaminazione poiché sono assorto dalla coscienza materiale; quindi, appena mi trasferisco nella coscienza di Krishna, allora divento distaccato da questa coscienza materiale...
Proprio come nell'esempio qui riportato, la foglia del fiore di loto, pur essendo nell'acqua, non ha alcun legame con l'acqua; non una goccia d'acqua vi rimarrà anche se si trova in un'enorme massa d'acqua e le onde lo sovrastano. L'acqua è sempre in movimento, ma quella particolare foglia de loto non ha alcun legame con l'acqua. Similmente, chi è cosciente di Krishna non ha niente a che fare con con tutti gli sconvolgimenti di questo mondo materiale. Visvam purnam sukhayate [Caitanya-candramrita 5], tutti sono molto afflitti. Dicono: "Oh, è molto fastidioso, molto problematico". Il mondo materiale è pieno di problemi fastidiosi; ma chi è nella coscienza di Krishna, scoprirà che "tutto è felice". Perciò, na lipyate na sa papena, "non è toccato dal peccato come la foglia del loto non è toccata dall'acqua." Pertanto la coscienza di Krishna è la misura antisettica per questa contaminazione. Supponiamo che ci sia un'epidemia in città e che uno abbia preso il vaccino antisettico di misura, non ne è influenzato. Allo stesso modo la coscienza di Krishna è il metodo antisettico per liberarsi dalla contaminazione di questo mondo materiale. Perciò, lipyate na sa papena, non è influenzato dall'attacco materiale o dalla contaminazione di questo mondo. Kayena manasa buddhya .
kayena: col corpo; manasa: con la mente; buddhya: con l'intelligenza; kevalaih: purificata; indriyaih: con i sensi; api: anche; yoginah: persone coscienti di Krishna; karma: azioni; kurvanti: compiono; sangam: attaccamento; tyaktva: abbandonando; atma: del sé; suddhaye: allo scopo di purificare.
"Abbandonando ogni attaccamento, gli yogi agiscono con il corpo, la mente, l'intelligenza e anche con i sensi al solo scopo di purificarsi."
Atma-suddhaye yoginah, coloro che sono in collegamento con il Supremo sono chiamati yogi. Kayena manasa buddhya... Kayena significa con il corpo; manasa, con la mente; buddhya, con l'intelligenza; e kevalair indriyair api, con i sensi. 'Yoginah karma kurvanti', [le persone coscienti di Krishna] agiscono senza attaccamento. Sembra che agiscano come gli uomini comuni, tuttavia, sangam tyaktva atma-suddhaye, non hanno alcun legame [il loro scopo è di purificarsi]. Ad esempio, un cassiere di banca è seduto al bancone mentre gli arrivano milioni di dollari, ma lui non ha alcun legame con quel denaro. Atma-suddhaye. E poiché è yoga-yukta, pensa, "Io sono diverso da questo denaro", ed è in pace. Perciò, nella coscienza di Krishna, colui che è un yogi—yoginah karma kurvanti sangam tyaktvatma-suddhaye—lavora e agisce per la purificazione dell'anima, atma-suddhaye.
Anche qui stiamo lavorando, leggendo e cantando. Anche questo è un tipo di lavoro. La stessa cosa può essere fatta nei club o dove si fa musica; ma qui la musica è per atma-suddhaye, per purificare l'anima. Stiamo anche mangiando, ma per purificare l'anima. Pertanto, nessun lavoro è diverso da quello dell'uomo comune e anche i membri della società fanno lo stesso. Anche loro vanno al negozio, comprano cose e preparano cibo, offrono a Krishna e mangiano. Sembra che anche loro mangino, che anche loro dormano, che anche loro lavorino; ma qui tutto è per per atma-suddhaye. È in base a questo regolamento che si diventa sempre più puri, sempre più puri e sempre più puri. Quindi, yoginah karma kurvanti sangam tyaktva. Non si ha alcun legame con la concezione materiale della vita, ma tutto è collegato a Krishna. Pertanto atma-suddhaye.
yuktah: chi è impegnato nel servizio devozionale; karma-phalam: i risultati di ogni attività; tyaktva: abbandonando; santim: pace perfetta; apnoti: raggiunge; naisikim: costante; ayuktah: chi non è in coscienza di Krishna; kama-karena: per godere del risultato dell'attività; phale: al risultato; saktah: attaccato; nibadhyate: rimane intrappolata. "L'anima fermamente devota raggiunge la pace perfetta perché Mi offre il risultato di tutte le sue attività, mentre una persona che non è in unione con il Divino, che è avida dei frutti del proprio lavoro, ne rimane condizionata."
Chi è nella coscienza di Krishna non si aspetta alcun risultato dal suo lavoro. "Oh, sto facendo questo lavoro, quindi godrò del risultato", questo pensiero non è mai nella mente di una persona che è cosciente di Krishna. Non gli importa, non pensa al risultato. Yuktah karma-phalam tyaktva, ('Chi è impegnato nel servizio devozionale Mi offre i risultati di ogni sua attività'). E questa è la fonte della pace. Annantim apnoti naisthikim. Naisthikim: è sempre fiducioso di essere impegnato nel dovere di Krishna, quindi, "Sono protetto e qualunque sia il risultato, non mi importa." Ayukta. Ma colui che non è collegato alla coscienza di Krishna, allora 'kama-karena phale sakto nibadhyate', a causa della sua lussuria si attacca al risultato e s'impiglia in questo mondo materiale. Ayuktah kama-karena phale sakto nibadhyate, è attaccato al risultato e alla fine rimane intrappolato nel concetto materiale di questo mondo.
VERSO 13
sarva-karmani manasa sannyasyaste sukham vasi nava-dvare pure dehi naiva kurvan na karayan
sarva: tutte; karmani: attività; manasa; con la mente; sannyasya: rinunciando; aste: rimane; sukham: nella felicità; vasi: chi è controllato; navadvare: nel luogo dalle nove porte; pure: nella città; dehi: l'anima incarnata; na: mai; eva: certamente; kurvan: facendo qualsiasi cosa; na: non; karayan: causando il prodursi.
"Quando l'anima incarnata domina la sua natura inferiore e rinuncia con la mente a ogni azione, vive felice nella città dalle nove porte [il corpo materiale] e non compie né causa alcuna azione."
Perciò, sarva-karmani manasa sannyasyaste. Tutte le attività, sarva-karmani, che una persona compie, sono decise nella mente, manasa. La volontà ad agire viene nella mente, perciò, 'manasa aste sukham vasi', ha deciso di agire solo per la coscienza di Krishna e quindi la sua felicità è sotto il suo controllo. Non deve cercare la felicità esternamente. Egli stesso controlla la sua felicità, sukham vasi. 'Nava-dvare pure dehi naiva kurvan na karayan', ci sono così nove "fori" che agiscono nel nostro corpo. Essi sono: due occhi, due narici, due orecchie, una bocca, un ombelico, per l'evacuazione e per orinare. Sono nove fori, attraverso i quali stiamo agendo. Così come questa stanza ha quattro uscite, due porte e due finestre, allo stesso modo abbiamo nove fori nel nostro corpo e con il loro aiuto noi agiamo.
Nava-dvare pure dehi, è come come una stanza che ha nove uscite. 'Pure dehi', nella città dell'anima incarnata. Si deve sapere che non siamo questo corpo. La parola 'pure' significa città o stanza. Ed io sono seduto in questa stanza. Nava-dvare pure dehi kurvan na karayan. Come un ricco uomo siede nella sua stanza mentre ogni cosa procede, allo stesso modo, l'anima che è situata nella pura coscienza, la coscienza di Krishna, è distaccata da questo corpo e tutto procede grazie alla coscienza di Krishna.
VERSO 14
na kartrivam na karmani lokasya srijati prabhuh na karma-phala-samyogam svabhavas tu pravartate
na: mai; kartritvam: diritto di proprietà; na: neppure; karmani: attività; lokasya: della gente; srijati: crea; prabhuh: il maestro della città del corpo; na: né; karma-phala: coi risultati delle attività; samyogam: collegamento; svabhavah: le influenze della natura materiale; tu: ma; pravartate: agisce. "L'anima incarnata, maestra della città del corpo, non genera alcuna attività, non induce gli altri ad agire né crea i frutti dell'azione. Tutto ciò è opera delle influenze della natura materiale."
Si potrebbe chiedere: "Se Krishna dà l'approvazione, allora è responsabile anche della mia cattiva azione? Ovviamente Egli è responsabile per la mie buone azioni, quindi è responsabile anche delle mie cattive azioni." Questa è la risposta: 'na kartritvam na karmani lokasya srijati prabhuh'. Il Signore, prabhu, non crea per noi né l'azione né il risultato. 'Svabhavas tu pravartate', tutto ciò è opera delle influenze della natura materiale. Così come avete acquisito le vostre caratteristiche, allo stesso modo create le vostre attività e i loro risultati e ne rimanete coinvolti. Non è una creazione di Dio. Siete voi che create. "In che modo creo? Se è approvato ed è controllato da Dio, allora come faccio a creare?" Sì. Questa può essere la domanda e la risposta è molto semplice. Si può capire che se uno è un criminale, è condannato. Può essere condannato a morte o alla prigione. Quindi ricorre in appello, ma il giudice lo imprigiona o lo condanna all'ergastolo.
Allora pensa che "è il giudice che mi ha condannato a morte o mi ha messo in prigione". Ma il giudice è il nemico di una persona in particolare tanto da metterla in carcere e condannarla a morte? No. Io stesso ho già creato prima la mia vita in prigione. Il giudice mi sta solo dando la direzione: "Hai fatto questo, quindi devi andare"; lui non è responsabile. Allo stesso modo Dio non è responsabile per le mie attività, né crea le mie azioni. Questa è la mia natura, o caratteristica, con la quale creo le mie azioni, creo il risultato e perciò soffro. Dio sta solo dando una direzione, anche attraverso il Suo agente, perché è il direttore supremo e quindi non è responsabile. Io sono il responsabile. Se, tuttavia, divento cosciente di Krishna, agisco per Suo conto e dipendo completamente da Lui, allora Egli è responsabile per tutto ciò che accade. Questo è il principio. Ci sono domande ?
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Altro sull'autore, Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada
DISCLAIMER * Le lezioni, a volte sono riportate sottoforma di estratto, per una presentazione adatta anche ai lettori estranei agli argomenti trattati, o in generale al metodo del bhakti yoga, la coscienza di Krishna. Cio' allo scopo di evitare possibili fraintendimenti, sul significato di alcuni termini e concetti espressi, non sempre corrispondenti alle accezioni linguistiche attuali, e quindi talvolta, causa di una comprensione errata o distorta delle vere intenzioni, del maestro spirituale fondatore.
Il testo integrale originale (in Inglese) delle lezioni, e' comunque reperibile in rete su vari siti esteri.