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 LEZIONI DEL FONDATORE IN ITALIANO
 La Bhagavad-gita cosi' com'e' - Cap. 3 Versi 17-20
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Sangita Dasi
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Inserito il - 19/06/2023 : 16:18:56  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
RKC - RADIO KRISHNA CENTRALE PRESENTA:

Lezioni* di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada su

La Bhagavad-gita cosi' com'e'






LEZIONE*
di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada
tenuta a New York (Stati Uniti), il 27 Maggio 1966

Traduzione e trascrizione in Italiano a cura di Sangita devi dasi

Capitolo 3 Verso 17

yas tv atma-ratir eva syad
atma-triptas manavah
atmany eva ca santustas
tasya karyam na vidyate

“Tuttavia colui che trae piacere nel sé, che è illuminato nel sé, che gioisce ed è soddisfatto solo nel sé, pienamente appagato, non ha più alcun dovere”.

Fino ad ora abbiamo parlato di yajna, offrire sacrifici per la soddisfazione del Signore Supremo, come spiegato negli ultimi giorni. Ma qui Sri Krishna dichiara che la persona che è situata al livello spirituale ed è soddisfatta nel sé, non deve fare niente perché ha già superato gli stadi dell'offerta, del sacrificio, dell'adorazione, delle preghiere, di ogni cosa, e si trova in uno stato di auto soddisfazione. Proprio come Sukadeva Gosvami, che era un giovane ragazzo di sedici anni molto attraente e pacifico, che andava in giro nudo. Le ragazze che facevano il bagno nude nel fiume, nel vedere quella persona innocente non coprirono il proprio corpo. Ma quando passò il padre, l’anziano, saggio ed erudito Vyasadeva, che è l'autore di tutte le letterature vediche, non è un uomo ordinario, nel vederlo le ragazze si coprirono perché era un uomo di mondo e un capofamiglia. Conoscete la storia. Perciò Sukadeva Gosvami si trovava al livello di ‘atma-rati’, soddisfatto nel sé, non si curava per nulla delle cose mondane, era distaccato dal mondo. Ma non dovremmo imitare Sukadeva Gosvami e andare in giro nudi. (ride) In India ci sono molti cosiddetti mendicanti che vagano per strada nudi e a volte sono arrestati dalla polizia.

Perciò l'imitazione non è richiesta, non è raccomandata; tuttavia in una persona pazza si manifesta una fase del genere. A volte anche un pazzo vaga per strada nudo, anche lui è assorto in qualche pensiero, ma è un pazzo. Similmente la persona completamente assorta nel pensiero di Krishna, nella coscienza di Krishna, è pazza secondo il calcolo di questo mondo. Nella letteratura di Shakespeare c’è una frase simile, "Il pazzo e il poeta sono assorti nel loro pensiero". [Sogno di una notte di mezza estate, atto V, scena I: "Il pazzo, l'amante e il poeta, sono assorti nella fantasia"]. Pertanto troverete che esteriormente non c'è differenza tra un pazzo e una persona atma-rati, soddisfatta nel sé; ma interiormente c'è un'enorme differenza. Conoscete la storia del giovane brahmana di nome Jada Bharata, che in passato divenne l'imperatore del mondo e fu noto come Maharaja Bharata, da cui ora l’India prende il nome, Bharatavarsa. In passato l’intero pianeta era Bharatavarsa, e prima ancora, milioni di anni fa, era chiamato Ilavritavarsa. Così Jada Bharata visse come re e anche come atma-rati, soddisfatto nel sé.

All'inizio della sua vita spirituale abbandonò questo mondo in giovane età; a soli ventiquattro anni lasciò moglie, figli e regno. Non è uno scherzo. Un imperatore con una moglie giovane e bella, figli piccoli e un palazzo—lasciò tutto. Ci sono molti casi come questo. Anche Raghunatha dasa Gosvami—di cui cantiamo ogni giorno la preghiera, ‘vande rupa-sanatanau raghu-yugau sri-jiva-gopalakau’—era un giovane uomo e un figlio molto ricco. A quel tempo, cinquecento anni fa, il reddito di suo padre era dieci milioni di rupie. Abbiamo molti esempi in India. Così Jada Bharata lasciò il regno, la famiglia e ogni cosa, per cercare la realizzazione spirituale, la realizzazione del sé. Sfortunatamente provò di nuovo affetto per un cucciolo di cervo – ho già narrato questa storia – e al momento della morte pensò a quel cerbiatto e divenne un cervo nella vita successiva. ‘Yam yam vapi smaran loke tyajaty ante kalevaram’ (Bg. 8.6): “Senza dubbio, sono i ricordi che si hanno all'istante di lasciare il corpo che determinano la condizione futura dell'essere”.
La modalità della morte: Al momento della morte, qualunque cosa pensiamo, indica che stiamo preparando la nostra prossima vita in quel modo. Pertanto tutta la vita deve essere elaborata in modo tale che, alla fine della nostra vita, possiamo almeno pensare a Krishna. Allora è certo che torneremo da Krishna. Questa è la pratica che dobbiamo seguire. Perché, se non pratichiamo quando siamo forti e in salute e la nostra coscienza pensa correttamente—invece di sprecare tempo nella gratificazione dei sensi—e se continuiamo a concentrarci sulla coscienza di Krishna, significa che stiamo risolvendo tutte le sofferenze della nostra esistenza materiale. Questo è il processo, la coscienza di Krishna, pensare sempre a Krishna. Pertanto Krishna viene e Si presenta come un uomo comune che agisce. Perché? Proprio come qui nella Bhagavad-gita, in cui Krishna è presente sul campo di battaglia di Kurukshetra.

Krishna non ha bisogno di presentarsi sul campo di battaglia di Kurukshetra; ma noi ne abbiamo bisogno, perché siamo molto ansiosi di sapere dove si svolge la battaglia, come va la lotta, come opera l’investigatore e dove è commesso l’omicidio. Queste storie e letterature attraggono moltissimo. Se in libreria chiedete una copia della Bhagavad-gita, il libraio dovrà scoprire dove trovarla; ma se chiedete dei romanzi, oh, ve ne presenterà numerosi. Perché questa è la nostra inclinazione. Siamo sempre ansiosi di apprendere riguardo agli affari mondani e non abbiamo gusto per l'elevazione spirituale. Quel gusto lo abbiamo perduto. Questo è lo stadio della nostra attuale esistenza: l'oblio. Non sappiamo come il nostro gusto dovrebbe essere concepito o convertito da materiale a spirituale. Non lo sappiamo. Perciò Sri Krishna è così gentile che crea un campo di battaglia per noi in modo che possiamo essere ansiosi di sapere: “Chi combatte con chi?” Perché siamo sempre ansiosi di ascoltare storie, quindi tutti i Purana ...

Proprio stamani abbiamo discusso il verso ‘stri-sudra-dvijabandhunam trayi na sruti-gocara’ (SB 1.4.25): “Nella sua grande compassione, l’illustre saggio pensò bene di compilare il grande racconto storico del Mahabharata per permettere alle donne, ai ‘sudra’ e ai parenti dei nati-due-volte di raggiungere il fine ultimo dell’esistenza”. Vyasadeva è così misericordioso da poter capire, cinquemila anni fa, che le generazioni future ... Dovremmo sempre sapere che i grandi pensatori, i saggi e i rishi, siedono in luogo isolato in una foresta, non pigramente, ma pensano sempre a come le persone potrebbero essere beneficiate, ‘lokanam hita-karinau’. Così come noi cantiamo ogni giorno sui Gosvami (Sri Sri Sad-gosvamy-astaka):

nana-sastra-vicaranaika-nipunau sad-dharma-samsthapakau
lokanam hita-karinau tri-bhuvane manyau saranyakarau
radha-krishna-padaravinda-bhajananandena mattalikau
vande rupa-sanatanau raghu-yugau sri-jiva-gopalakau

“Offro i miei rispettosi omaggi ai sei Gosvami, Sri Rupa Gosvami, Sri Sanatana Gosvami, Sri Raghunatha dasa Gosvami, Sri Raghunatha Bhatta Gosvami, Sri Jiva Gosvami e Sri Gopala Bhatta Gosvami, che sono molto esperti nello studiare attentamente tutte le scritture rivelate con lo scopo di stabilire gli eterni princìpi della religione per il beneficio dell'umanità intera. Essi sono quindi onorati in tutti i tre mondi, e noi dovremmo prendere rifugio in loro perché sono sempre assorti nel sentimento delle gopi e sono impegnati nel servizio d'amore trascendentale di Radha e Krishna”.

Pertanto, basta vedere che alcuni di questi signori erano grandi zamindar, alcuni erano dotti studiosi e alcuni erano ministri al servizio del governo, ma lasciarono tutto e andarono a Vrindavana. Là rimasero seduti? No, ‘nana-sastra-vicaranaika-nipunau’. Fecero ricerche e scoprirono ogni tipo di letteratura vedica su come le cose dovrebbero essere presentate alle persone di quest’epoca, in modo che possano prendere la questione molto seriamente e facilmente, e fare progressi. Questa era la loro occupazione. Non lasciarono la loro casa per vivere facilmente, prendere prasada e continuare a dormire. Oh, no. Non avevano tempo per dormire. Pensavano sempre, ‘lokanam hita-karinau’, a come le persone potevano essere beneficiate. Per quanto il Signore sia molto ansioso per il nostro beneficio, allo stesso modo, i devoti del Signore sono ugualmente ansiosi per il beneficio di tutti.

Così Sri Krishna ha creato la Bhagavad-gita e anche il Mahabharata, di cui avete sentito parlare, che narra una storia di lotte fra due fazioni, i Kuru e i Pandava. La storia del Mahabharata è stata volutamente creata, così come uno scrittore esperto raccoglie fatti storici per inserirli nella narrativa al fine di creare più interesse. Nel Bengala c'è un famoso scrittore, Bankim Chandra Chatterjee, che è paragonato a (Sir Walter) Scott d'Inghilterra. Tutti i suoi romanzi sono tratti da fatti storici e ciò rende il racconto molto interessante. Similmente il Mahabharata è una storia di combattimenti tra due parti, ed è stato scritto in special modo per ‘stri-sudra-dvijabandhunam trayi na sruti-gocara’ (SB 1.4.25): “Nella sua grande compassione, l’illustre saggio pensò bene di compilare il grande racconto storico del Mahabharata per permettere alle donne, ai sudra e ai parenti dei nati-due-volte di raggiungere il fine ultimo dell’esistenza”.

Abbiamo già spiegato questo sloka, ‘stri-sudra-dvijabandhunam’. ‘Stri’ è la classe femminile, le donne, e ‘sudra’ è la gente comune, non la classe intelligente, ma persone ordinarie. E ‘dvija-bandhu’ sono le persone nate in una famiglia di casta superiore, ma prive di qualifica. Secondo il varnasrama-dharma, precedentemente, non è che "poiché sono figlio di un brahmana, sono brahmana"; così come avviene oggi in India con il sistema delle caste. Non era quello il sistema; in passato era diverso. Perciò il Mahabharata fu scritto per queste persone che affermano di essere brahmana perché nati in una famiglia di brahmana. Ma secondo gli shastra, o le scritture, queste persone non sono definite brahmana ma dvija-bandhu, il cui significato è “amico di un brahmana”.

Se sono figlio di un giudice di alta corte, non significa che anch’io sono giudice; devo avere la qualifica per essere un giudice di alta corte. Ma se continuo a pensare di essere un giudice di alta corte perché mio padre lo è… Così queste cose stanno accadendo in India. Poiché il suo antenato o suo padre erano brahmana e, sebbene non abbia qualifiche per essere brahmana, proclama di essere anche lui brahmana. Ma le scritture vediche non lo permettono. “No, non sei un brahmana, sei figlio di un brahmana. È tutto, e questo possiamo ammetterlo. Non c'è danno nell’ammettere che sei il figlio di brahmana, ma non possiamo riconoscerti come brahmana”. È abbastanza ragionevole. Così il Mahabharata fu scritto per queste persone, che sono figli di brahmana, ma che in realtà sono inferiori ai sudra per qualifica. Il Mahabharata fu scritto per loro.

E nel mezzo del Mahabharata, nel Bhishma-parva, sul campo di battaglia fu pronunciata la Bhagavad-gita. Sarete sorpresi di sapere che a quei tempi la televisione era nel cuore di Sanjaya; intendo dire che nel suo cuore egli vedeva la battaglia di Kurukshetra come in un televisore. Dhritarastra, il padre di Duryodhana che era a capo di una delle due parti, e Sanjaya, il suo segretario, erano seduti nella stanza e discutevano sugli avvenimenti. Proprio come si riceve un messaggio televisivo o radiofonico su ciò che sta accadendo su un campo di gioco, con il suono e l'immagine, la stessa cosa si rifletteva nel cuore di Sanjaya, che era nella stanza, spiegando le attività sul campo di battaglia. E così la storia fu narrata. Sanjaya uvaca. Dhritarastra uvaca. Questo è l'inizio (Bg. 1.1):

dhritarastra uvaca
dharma-ksetre kuru-ksetre
samaveta yuyutsavah
mamakah pandavas caiva
kim akurvata sanjaya

“Dhritarastra disse: O Sanjaya, che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu dopo essersi riuniti nel luogo santo di Kurukshetra, pronti ad attaccar battaglia?”
Quindi il vecchio re e il suo segretario erano seduti in una stanza, e la prima domanda fu: “O Sanjaya, che cos’è accaduto sul campo di battaglia?" E Sanjaya narrò ogni cosa, mentre osservava gli avvenimenti come in un televisore. Ad ogni modo, ora la Bhagavad-gita è stata scritta—enunciata ad Arjuna, un capofamiglia e un militare—e l’intero Mahabharata è destinato a ‘stri-sudra-dvijabandhu’, alle persone meno qualificate. Guardate, a quei tempi gli uomini meno qualificati erano destinati a comprendere la Bhagavad-gita in meno di un'ora. Immaginate solo quale classe di persone meno intelligenti ci fosse a quel tempo. La stessa Bhagavad-gita che studiosi come il dott. Radhakrishnan e altri esperti studiano attentamente e ancora non riescono a capire; eppure questa Bhagavad-gita era destinata alla classe di uomini meno intelligenti di quell’epoca. Potete immaginare quali classi di uomini e donne meno intelligenti fossero? E pensare che fu scritta appositamente per loro, ‘stri-sudra-dvijabandhunam trayi na sruti-gocara’ (SB 1.4.25).

Poiché la classe femminile e la classe di uomini meno intelligenti e i figli indegni di brahmana e kshatriya non sarebbero stati in grado di comprendere la letteratura vedica originale, così è stata presentata in forma di racconto con fatti storici affinché potessero capire. Quella fu l’origine del Mahabharata. Pertanto la Bhagavad-gita non è una letteratura vedica di altissimo livello, ma è solo l'ingresso, l'abc della letteratura vedica. Proprio come l'esame di maturità o d’immatricolazione è necessario per entrare all'università, ottenere il diploma ed essere laureati, così la Bhagavad-gita è l’esame di ammissione per l'educazione spirituale. È stata scritta per uomini comuni—i capifamiglia, gli uomini meno intelligenti, la classe femminile e così via.

In origine c’era un solo Veda, lo Yajur Veda, che fu pronunciato dal Signore stesso a Brahma. E Vyasadeva, prevedendo la condizione dell'era attuale, divise l’unico Veda in quattro parti. Il Veda originale, che è lo Yajur Veda, fu diviso in Sama, Yajur, Rik e Atharva. Poi, ancora una volta, spiegò la letteratura vedica nei diciotto Purana e nel Mahabharata, e di nuovo riassunse tutta la conoscenza vedica nel Vedanta-sutra, che in seguito commentò nello Srimad-Bhagavatam. Quando leggerete questo libro, nella premessa troverete la stessa descrizione. Questa è la letteratura vedica al completo. Per la comprensione della gente comune, quindi, la più alta verità della letteratura vedica è Krishna e nient’altro. Nella Bhagavad-gita (15.15) il Signore dichiara, ‘vedais ca sarvair aham eva vedyah’: “Il fine di tutti i Veda è quello di conoscerMi”. Se uno ha compreso Krishna, allora ha compreso tutta la letteratura vedica. Non ha più niente da comprendere, ha superato tutti gli esami.

E il Signore dichiara, ‘vedanta-krid veda-vid eva caham’ (Bg. 15.15): “Io sono Colui che ha compilato il Vedanta”. Perché Vyasadeva è l’incarnazione di Krishna con lo scopo di compilare la letteratura vedica. Il suo nome è Krishna Dvaipayana Vyasa. Pertanto in questa Sua incarnazione, Krishna ha compilato la letteratura vedica. ‘Vedanta-krid veda-vid eva caham’: “In verità, Io sono Colui che ha composto il Vedanta e Colui che conosce i Veda”. Se comprendiamo Krishna, allora comprendiamo tutti i Veda. ‘Yasmin vijnate sarvam idam vijnatam bhavati’ (Mundaka Upanishad 1.3). [“Se uno riesce a comprendere Dio, la Persona Suprema, il controllore di tutti i controllori, allora può capire tutto il resto].
Se qualcuno capisce una parte ... Proprio come in aritmetica, se capisci uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, allora capisci tutto perché in aritmetica o matematica non c'è nient’altro che queste nove cifre. Con questi numeri si fanno moltiplicazioni, sottrazioni, divisioni o qualsiasi altra operazione si voglia fare. Non c'è nient'altro che queste nove cifre. È tutto. Allo stesso modo, se si comprende Krishna, allora si comprendono tutti i Veda. E per comprendere Krishna, ecco le parole pronunciate dallo stesso Krishna su Se stesso.

Per esempio, l'altro giorno bhakta Paolo ha detto a qualcuno che ho quindici figli. Ora, non so come si possa capire che ho quindici figli. Non l'ho mai detto, ma lui mi ha riferito che qualcuno gli ha riferito che ho quindici figli. È un malinteso. Se me lo avessero chiesto, avrei risposto che ho tre maschi e due femmine. Quindi, se volete sapere di me, allora dovete ascoltare da me. E questa sarà la verità. Oppure, potete ascoltare da un amico confidenziale o da una persona di mia fiducia. Allo stesso modo, se volete conoscere Krishna, allora ecco la Bhagavad-gita, che fu pronunciata da Krishna stesso. Cercate solo di capire e imparare riguardo a Krishna, oppure cercate conferme dalle autorità competenti. Anche se non riuscite a capire Krishna leggendo la Bhagavad-gita, ad ogni modo, ascoltando la Bhagavad-gita, capirete che è stata enunciata ad Arjuna, e che Arjuna ha ammesso di aver compreso nel decimo capitolo. Perciò cercate di capire Arjuna e qual è stata la sua comprensione. Avete due possibilità: potete capire Krishna direttamente o capire attraverso l'autorità a cui il Signore ha parlato personalmente. Perciò non c'è difficoltà nel comprendere Krishna.

E se comprendete Krishna, allora la vostra vita andrà molto bene e in seguito otterrete la completa perfezione. Questa è tutta la letteratura vedica. Perciò qui il Signore dice, ‘yas tu atma-ratir eva syat’: “Tuttavia, colui che trae piacere nel sé, che è illuminato nel sé…” (Bg. 3.17) Atma-rati è la persona il cui unico obiettivo nella vita è la comprensione del sé spirituale. ‘Atma-ratih, syad atma-triptas ca manavah’, ed è pienamente appagato nella sua comprensione spirituale, che “Io sono pura coscienza e ho una relazione con Krishna. La mia relazione con questo mondo è temporanea, ma la mia relazione con Krishna è reale, perché Krishna è permanente ed io sono permanente, sono sua parte integrante”. Queste semplici cose. Perciò uno che ha ben compreso ed è soddisfatto nel sé, proprio come Sukadeva Gosvami che non si preoccupava di nulla – di chi balla nudo o di chi fa il bagno nudo. Non gli importava, ma andava avanti per la sua strada. ‘Yas tv atma-ratir eva syad atma-triptas manavah atmany eva ca santustas’ (Bg. 3.17), colui che è soddisfatto in sé stesso e con Krishna, ‘tasya karyam na vidyate’, non ha più alcun dovere da compiere. Non ha più bisogno di fare nient’altro, è libero.

Ma se non siete in questa fase allora dovete compiere sacrifici, come raccomandato nella Bhagavad-gita (Bg. 3.9), ‘yajnarthe karmano 'nyatra loko' yam karma-bandhanah’: “L'attività dev'essere compiuta come sacrificio a Vishnu, altrimenti lega il suo autore a questo mondo materiale”. Quindi dovete lavorare in modo tale che il vostro lavoro o attività siano gradualmente purificate e possiate giungere allo stadio di atma-rati. Ma se fin dall'inizio siete appagati nella comprensione spirituale, allora non avete alcun dovere da compiere. Non avete bisogno di fare nient’altro, come confermato nel Narada Pancaratra:

aradhito yadi harih tapasa tatah kim
naradhito yadi haris tapasa tatah kim
antar bahir yadi haris tapasa tatah kim
nantar bahir yadi haris tapasa tatah kim

["Se si adora il Signore in modo appropriato, a che servono penitenze severe? E se non si adora adeguatamente il Signore, a che servono penitenze severe? Se si realizza Sri Krishna dentro e fuori tutto ciò che esiste, a che servono penitenze severe? E se non si vede Sri Krishna dentro e fuori ogni cosa, allora a che servono penitenze severe?]

Tapasa tatah kim: a che servono queste penitenze e meditazioni insensate? Non servono più. Perciò, ‘aradhito yadi harih’, Hari significa Dio, la Persona Suprema. Se si comprende la propria relazione con il Signore e si è completamente assorti in Lui, allora tutte le penitenze, la meditazione, il jnana e lo yoga, non hanno senso. Senza senso significa che non c’è necessità di tutte queste cose perché si è raggiunto lo stadio più elevato, ‘aradhito yadi harih’. E se, dopo aver compiuto penitenze, jnana, yoga e meditazione, alla fine non c'è comprensione di Krishna, ‘naradhito yadi harih’, allora è tutto sprecato. Tapasa tatah kim: “A che serve tutto questo se si è capito la cosa reale?” Se si è capito la cosa reale, queste cose non hanno senso; e se non si è capito, non hanno senso ugualmente. Così ci sono due fasi, ma questa è l'ultima. Eppure si deve arrivare proprio a questo punto, alla comprensione di Krishna e di atma-rati, perché Krishna è il Paramatma, l'Anima Suprema, ed io sono atma, un’anima individuale, parte integrante di Krishna.
Questa relazione è eterna, è innata, ed è la mia vera felicità. Ma lo abbiamo dimenticato. Accidentalmente siamo caduti in questa contaminazione materiale e abbiamo stabilito la nostra relazione con così tante cose materiali e in tal modo abbiamo dimenticato Krishna. Ora, l'intero processo consiste nel riportare la nostra coscienza a Krishna. A tale scopo, Krishna stesso viene o preserva la Bhagavad-gita per noi o invia i Suoi devoti confidenziali per sollecitarci: "Arrivate a questo punto [atma-rati] e siate felici". Questo è l'intero processo. Perciò, atma-rati, soddisfatto nel sé. Troverete a Vrindavana grandi devoti, come i sei Gosvami, per i quali preghiamo quotidianamente. Su di loro si afferma, ‘tyaktva turnam asesa-mandala-pati-srenim sada tuccha-vat’. Queste persone erano molto aristocratiche, ‘mandala-pati’. Mandala-pati significa grandi leader della società, eppure hanno rinunciato a tutto.

Quando si unirono al movimento di Sri Caitanya, hanno rinunciato a tutto, dimettendosi dal ministero. Il Nawab Shah fu molto scontento, “Non posso permettervi di lasciare la vostra carica, o il mio regno sarà perduto”. Ma erano decisi a lasciare; furono imprigionati e poi rilasciati. Così è narrato questo fatto. ‘Tyaktva turnam asesa-mandala-pati-srenim sada tuccha-vat’. Tuccha significa insignificante. Erano in una posizione elevata e hanno abbandonato tutto. Perché? ‘Bhutva dina-ganesakau karunaya kaupina-kanthasritau’ (Sad-gosvami-astaka, verso 4): “Offro i miei rispettosi omaggi ai sei Gosvami, che rifiutarono ogni associazione materiale come insignificante, e che, per liberare le povere anime condizionate, indossarono il perizoma accettando la condizione di mendicanti; ma erano sempre immersi nell'oceano estatico dell'amore delle gopi per Krishna. Sempre e ripetutamente si bagnavano nelle onde di quell'oceano”.

Per fare del bene alle povere anime condizionate andarono a Vrindavana e assunsero l’aspetto di poveri e miseri mendicanti, ogni notte dormivano sotto un albero diverso e mangiavano il pane secco rifiutato dai vicini. Vivevano in questo modo. Ma qual era la loro felicità? Era ‘gopi-bhava-rasamritabdhi-lahara-kallola-magnau muhur vande rupa-sanatanau raghu-yugau’, erano sempre assorti nel pensiero di Krishna, meditando Suoi divertimenti e le Sue attività. In tal modo dimenticarono la prosperità materiale in cambio del pensiero di Krishna. Pertanto è detto, ‘yas tu atma-ratir eva syat’ (Bg 3.17), coloro che traggono piacere e sono illuminati nel sé non hanno bisogno di compiere sacrifici, o questo o quello, perché sono assorti nel pensiero di Krishna, sono immersi nel Suo pensiero. Perciò qui Krishna dichiara che chiunque sia assorto nella realizzazione del sé, non ha bisogno di eseguire nessun rituale. Questo è atma-rati.

Sri Caitanya ha così introdotto il canto di Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare. E noi glorifichiamo “Haridasa Thakura ki jaya”. In questo movimento Thakura Haridasa era un musulmano, c’è anche una sua fotografia di quand’era anziano. Il suo nome era Ibrahim e gli piaceva cantare, Hare Krishna, Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare. Era la sua unica attività e ogni giorno cantava tre lakh, o trecentomila volte, Hare Krishna, Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare. Potete cantarlo sedici volte, un giro dopo l’altro, o se lo desiderate, potete aumentare. Così Thakura Haridasa cantava trecentomila volte al giorno. ‘Atma-ratir eva syad’ (traeva piacere nel sé). Questo è tutto, era la sua unica attività, non faceva nient’altro. Ora, le persone diventano invidiose. Così un brahmana zamindar del villaggio divenne molto invidioso.

“Oh, quest'uomo è un musulmano e riceve così tanto rispetto? Io sono un brahmana, sono uno zamindar e nessuno si preoccupa di me? Oh, dovrebbe ricevere una lezione”. E così chiamò una bella prostituta: "Ti darò una certa somma di rupie, se riuscirai a far cadere questo giovane uomo”. A quel tempo Thakura Haridasa aveva circa venticinque anni. La prostituta acconsentì: "Per me è facile cosa, signore, se mi darai questo denaro, accetterò”. Così un giorno a mezzanotte, la prostituta molto ben vestita andò da Haridasa mentre egli cantava, Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare, e sedette davanti a lui. Thakura disse: "Perché sei venuta?" Lei rivelò la sua intenzione: "Sei un ragazzo così gentile, sono venuta ad abbracciarti” “Oh, molto bene, siediti, lasciami finire il mio canto, perché ho un voto da rispettare, ma ho quasi finito, poi ci divertiremo”.

Così cantando, si fece mattina e la prostituta divenne inquieta. "Mi dispiace molto, non ho potuto terminare il mio canto e non ci siamo goduti la vita. Ma ritorna stasera, questa stanotte ci divertiremo". Allo stesso modo lei venne anche la notte successiva e allo stesso modo Haridasa cantava. Disse: "Lasciami finire, poi lo farò". Dopo tre giorni la prostituta provò qualcosa di straordinario e cadde ai suoi piedi: "Signore, questa era la mia intenzione, sono stata istruita da quest'uomo, per favore perdonami e salvami da questa insensatezza". Thakura Haridasa rispose: "Sì, potevo capire le tue intenzioni e chi ti ha mandato. Sapevo tutto, ma poiché sei venuta nel mio rifugio, sono rimasto tre giorni solo per convertirti, altrimenti me ne sarei andato quella notte stessa. Comunque, ora sei tornata in te, rinuncia a questo nonsenso, siedi qui e recita, Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare. Io lascerò questo luogo”.

In tal modo, anche la prostituta divenne una grande devota. Questa è la pietra di paragone, ed è chiamata atma-rati. Se questo movimento sarà diffuso, la gente diventerà soddisfatta nel sé e non avrà più desiderio per le cose artificiali. Se continuerà a realizzare la natura trascendentale di Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare, sarà pienamente soddisfatta, niente potrà incantarla o trascinarla via da questa piattaforma, e non dovrà fare nient’altro. Così questo è lo stadio descritto da Sri Krishna, e chi raggiunge un tale stadio di vita non deve più eseguire i rituali religiosi, o la meditazione, o questo o quello.

Capitolo 3 Verso 18

naiva tasya kritenartho
nakriteneha kascana
na casya sarva-bhutesu
kascid artha-vyapasrayau

“L’uomo spiritualmente realizzato non ha scopi personali da assolvere nell’adempimento dei suoi doveri prescritti, né ha alcun motivo per non svolgere tali doveri. Né ha bisogno di dipendere da nessun altro essere vivente”.

Se qualcuno giunge a questa fase di vita, atmanandi, la soddisfazione nel sé, allora le sue attività non hanno alcuna reazione; proprio come Thakura Haridasa, che era nell’ordine di rinuncia della vita. Vi è l'ingiunzione che coloro che sono nell'ordine di rinuncia non devono sedersi in un luogo appartato con una donna. Perché l'uomo nell’ordine di rinuncia? Le ingiunzioni degli shastra, con riferimento alle letterature vediche, sono molto rigide per quanto riguarda la libera associazione tra uomo e donna. Sono molto severe, paragonano la donna al fuoco e l'uomo al burro. Quindi, secondo il rigoroso principio vedico, eccetto per la propria moglie, nessuno dovrebbe sedersi in un luogo appartato con una donna, anche se capita di essere una madre, una figlia o una sorella. Ci sono tante restrizioni. ‘Matra svasra duhitra va naviviktasano bhavet’ (SB 9.19.17): “Non ci si dovrebbe permettere di sedere insieme con la propria madre, sorella o figlia, perché i sensi sono così forti che anche se si è molto avanzati nella conoscenza, si può essere attratti dal sesso”. Non sederti in un luogo appartato da solo con una donna, anche se è tua madre, tua figlia o tua sorella. C’è questa restrizione.

Ora, riguardo ad Haridasa Thakura, nel cuore della notte una donna venne e sedette davanti a lui mentre stava cantando, quindi, secondo questa restrizione o ingiunzione, egli ha commesso un errore. No, non ha commesso errori perché il suo scopo era per il beneficio di quella donna e non per la gratificazione dei sensi—rimase seduto con lei al fine di convertirla alla realizzazione spirituale. Non aveva altro scopo. La sua unica intenzione era, "Questa povera creatura è venuta da me, non importa quale sia il suo intento. E se ho una qualche realizzazione e relazione con il Signore Supremo, allora devo fare del bene a questa creatura affinché la sua vita possa avere successo”. Questo era il suo unico intento. Non aveva altri scopi, quindi per lui non ci sono restrizioni, ‘naiva tasya kritena arthah’ (Bg 3.18). Inoltre, ‘nakritena iha kascana, non ha alcun obbligo di fare questo o quello; né facendo ciò ha alcuna reazione o deve pagare qualcosa per negligenza, o altro. E ‘na casya sarva-bhutesu kascid artha-vyapasrayah’, non ha alcuna relazione con nessuno per prendere qualcosa da loro, cioè, “Non ha bisogno di dipendere da altri esseri viventi”.

Ora, per quanto riguarda lo stadio dell’auto soddisfazione, Sukadeva Gosvami è la persona ideale. Viveva nudo e al mattino presto si presentava alla porta di ogni casa, perché in India c’è il sistema, e penso anche qui, di mungere la mucca nelle prime ore del mattino. Se la mucca è munta al mattino presto, allora dà la giusta quantità di latte. Questo è il sistema, prima dell'alba. Quindi Sukadeva Gosvami andava nella casa di un capofamiglia, perché in India un capofamiglia mantiene almeno dieci o dodici mucche nel villaggio; ma non deve pagare nulla per mantenerle, le mucche vanno al pascolo e la sera ritornano. Alle mucche è offerta solo un po’ di erba secca, che è un sottoprodotto dei cereali del luogo, e in cambio offrono il loro latte. Pertanto il latte nei villaggi è ancora disponibile facilmente, senza alcuna spesa. Questa era la vita di Sukadeva Gosvami, non aveva bisogno di andare altrove, semplicemente la mattina presto andava alla porta di un capofamiglia e prendeva un po’ di latte. E la gente sapeva che questo svami o saggio era venuto a prendere del latte.

Pertanto Sukadeva Gosvami suggerisce, "Perché siete ansiosi?" A coloro che sono nell'ordine di rinuncia e hanno lasciato il mondo per la realizzazione spirituale, Sukadeva Gosvami consiglia: "Se hai veramente lasciato la casa per la realizzazione spirituale, allora non hai nessun problema per mantenere la tua vita. Non hai problemi”. E suggerisce, ‘cirani kim pathi na shanti’, se hai bisogno di un vestito, copriti con una stoffa trovata sul ciglio della strada. Ci sono tanti vestiti gettati via, prendine uno e il tuo problema è risolto. ‘Cirani kim pathi na shanti disanti bhiksam naivanghripah’ (SB 2.2.5): “Non si trovano più vestiti abbandonati ai bordi delle strade? Gli alberi non distribuiscono più i loro doni? I fiumi si sono seccati?” ‘Anghripah’ significa gli alberi che danno frutti, quindi, puoi chiedere ad un albero, un melo, di darti qualche mela da mangiare, e così i problemi di abbigliamento e cibo sono risolti. Quindi, ‘ruddha guhah kim’, trova una grotta in un bel luogo e il problema della casa è risolto. Hai bisogno di acqua? Ci sono molti fiumi, nessun problema per l'acqua. Così ha dato questi consigli. E in realtà, in India, ci sono ancora persone a cui non importa nulla del mondo. Sono atma-rati, sono soddisfatti nel sé e non si preoccupano di nulla. Per tali persone non è necessario fare yajna o purificare le loro attività o tante altre cose come raccomandato nei rituali. Il Signore stesso lo dichiara: "Non hanno più alcun dovere".

Capitolo 3 Verso 19

tasmad asaktau satatam
karyam karma samacara
asakto hy acaran karma
param apnoti purushau

“Si deve agire per dovere, dunque, ed essere distaccati dai frutti delle azioni, perché agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo”.

Qual è il significato di atma-rati? Il significato è che si deve essere situati in piena coscienza spirituale e distaccati dall'impegno materiale. Questa è l’intera somma e sostanza. La stessa cosa può essere praticata anche da noi. Di certo potremmo trovare difficoltà, e pensare: "Com'è possibile diventare come Sukadeva Gosvami?" No, non è possibile. Il fatto reale, il quale Krishna sta qui spiegando, è quello di non essere attaccati al risultato delle vostre attività, semplicemente diventate liberi. Ora, per mantenere il corpo dovete fare qualcosa, questo va bene, ma non siate attaccati al vostro lavoro. Poiché avete un corpo, dovete mantenerlo in modo che il corpo e l’anima siano tenuti insieme. E mentre progredite nella realizzazione spirituale, non dovete trascurare il corpo ma mantenerlo in modo piacevole e tuttavia esserne distaccati. Dovete prendere il cibo solo per mantenere il corpo, e non per il gusto del palato o della lingua, ‘yuktahara’. Yuktahara significa prendere il cibo che non è proibito. Questa è la pratica da seguire. Dovreste mangiare per vivere, e non vivere per mangiare. Questo dovrebbe essere il principio della vita.

Perciò, ‘tasmad asaktah satatam’. Asakta significa "non essere attaccato". ‘Karyam karma samacara’: “Esegui il tuo dovere, perché hai dei doveri, ma non essere attaccato a quell'attività, devi sempre sapere che la tua vera occupazione è la realizzazione del sé spirituale". ‘Asakto hy acaran karma param apnoti purusah: “E se pratichi in questo modo, allora otterrai la perfezione della vita”. Non essere attaccato al tuo lavoro—sii distaccato. ‘Nirbandhah krishna-sambandhe yuktam vairagyam ucyate. Anasaktasya visayan yatharham upayunjatah’ (Bhakti-rasamrita-sindhu 1.2.255).

[“Quando non si è attaccati a nulla, ma allo stesso tempo si accetta tutto in relazione a Krishna, si è giustamente situati al di sopra della possessività. D'altra parte, chi rifiuta tutto senza conoscere la sua relazione con Krishna non è così completo nella sua rinuncia”].

Lo stesso consiglio è dato in vari punti: "Lavora, ma agisci senza attaccamento; ma solo per fare il miglior uso di un cattivo affare, questo è tutto”. Perciò continuate a lavorare in questo modo, ‘tasmad asaktau satatam, karyam karma samacara’ (Bg 2.19). E se continuate a fare il vostro lavoro senza attaccamento, allora il risultato sarà che anche voi raggiungerete quella fase perfetta di vita come Sukadeva Gosvami.

Capitolo 3 Verso 20

karmanaiva hi samsiddhim
asthita janakadayau
loka-sangraham evapi
sampasyan kartum arhasi

“Anche re come Janaka e altri raggiunsero la perfezione compiendo i doveri prescritti. Compi dunque il tuo dovere, se non altro per educare le persone in generale”.
Pertanto non dovete rinunciare al vostro lavoro o dovere. Continuate a fare il vostro dovere, ma sottolineate che "l'attività principale della mia esistenza è la realizzazione spirituale del sé". Date più importanza a questo punto nella vostra vita, e non all’idea che "guadagnerò di più e mi godrò la vita". Questo è definito non attaccamento. Se continuate a lavorare sul non attaccamento e sulla coltivazione della vostra realizzazione spirituale, allora, gradualmente arriverete al punto della perfezione. Grazie mille. Ci sono domande ?



Fine
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